Supply Chain Farmaceutica

Redazione

Supply chain farmaceutica, cinque pilastri per una corretta sostenibilità

“Soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere le possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”. Con queste parole la politica norvegese Gro Harlem Brundtland apriva la strada a un concetto che da voce di costo deve tradursi in leva strategica per le aziende

Soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere le possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”: è questo l’insegnamento di Gro Harlem Brundtland – politica ambientalista norvegese e “madre” della sostenibilità – che dovrebbe rappresentare la pietra angolare per le aziende, di tutte le dimensioni e appartenenti a tutti i settori di business, nello sviluppo nei prossimi anni. Se alcuni settori hanno intrapreso da anni un percorso oramai consolidato, il mondo farmaceutico presenta ancora ampi margini di crescita. Al netto di alcune eccezioni, la sostenibilità costituisce infatti una leva di comunicazione più che un driver di business o di sviluppo strategico. Questo approccio al tema rappresenta una scelta miope, considerato che la sostenibilità è, e sarà sempre più, un elemento chiave di valutazione di un’impresa, non solo da parte dei clienti, ma anche dei diversi stakeholder pubblici (es. enti governativi, associazioni) e privati (es. banche, fondi di investimento) parte del contesto in cui opera.

In tale scenario la supply chain può rappresentare un elemento primario sul quale intervenire, oltre che come leva chiave in termini di carbon footprint, anche come fattore distintivo e di responsabilità sociale. Questi ultimi aspetti non hanno infatti una rilevanza secondaria: nonostante le aziende farmaceutiche si avvalgano di solito di risorse e partner con competenze e conoscenze molto elevate, talvolta, tra i fornitori e i subfornitori di servizi a bassa specializzazione o provenienti da diversi Paesi  e mercati potrebbero nascondersi elementi, come ad esempio forme di somministrazione di lavoro, non coerenti con i dettami ESG (Environmental, Social e Corporate Governance). È chiaro però che, vista la complessità tipica della supply chain farmaceutica, per intervenire in maniera adeguata, è determinante adottare un approccio integrato, caratterizzato da un percorso articolato, che necessita di connessione e coordinamento continuo tra tutte le parti coinvolte. Partendo da questo presupposto, Eurogroup Consulting Italia ha sviluppato un approccio a supporto delle aziende, illustrato di seguito, basato su cinque pilastri fondamentali in un processo di transizione verso un modello sostenibile.

Regola del maggiore-uguale

Rappresenta l’elemento portante dell’approccio adottato, la conditio sine qua non alla base degli altri quattro pilastri. Benché negli ultimi anni il settore farmaceutico stia mostrando una crescente attenzione alla sostenibilità, nella maggior parte delle aziende, essa viene considerata come un “costo necessario”. Questo accade perché gli investimenti in sostenibilità sono spinti più dalla rilevanza che essa sta assumendo, in termini di immagine e di influenza sui comportamenti di acquisto, che da un piano strategico complessivo di lungo periodo.

La regola del Maggiore-uguale è orientata a sfidare il legame tra “sostenibilità” e “costo”, ponendosi sempre l’obiettivo di garantire – attraverso l’applicazione corretta dei suoi dettami scientifici – un impatto positivo su tutti gli aspetti e gli indicatori della performance aziendale, collegati direttamente o indirettamente al business di riferimento.

Il presupposto è che ogni iniziativa in ottica di sostenibilità non debba generare una flessione, ma invece determinare un impatto positivo o neutro sulle altre voci interne ed esterne all’organizzazione, come per esempio i livelli di servizio, l’accesso alle cure dei pazienti, la soddisfazione di dipendenti e clienti, le strategie di crescita e, in generale, il valore generato dall’azienda.

Rete delle reti

Ragionare in termini di sostenibilità a 360° significa non limitare le valutazioni e le strategie all’interno del proprio perimetro operativo (azienda, fornitori, clienti), ma includere la propria organizzazione e i propri asset in un sistema di connessioni con le diverse reti necessariamente coinvolte per raggiungere il risultato del Maggiore-uguale. La logistica e la distribuzione, l’energia, i flussi comunicativi, la distruzione di materiali obsoleti, i rapporti con i fornitori, le persone, devono condividere obiettivi comuni, la cui chiara definizione è un ulteriore pilastro di questo approccio, che favoriscano una collaborazione reale e concreta. È importante una visione integrata di tutto il sistema per essere sicuri che ogni azione generi un impatto positivo sulle reti coinvolte nella sostenibilità.

Asset tradizionali

Nel suo percorso verso la sostenibilità, permeato dalla regola del Maggioreuguale, ogni organizzazione può avvalersi di diversi strumenti. Tra quelli definiti “tradizionali” e immediatamente a disposizione delle aziende ci sono:

  • persone, che rappresentano una risorsa fondamentale per realizzare un percorso di successo verso la sostenibilità. Solo tramite la corretta valorizzazione delle competenze già disponibili o con un processo di formazione specifico e mirato delle risorse, unito alla condivisione dell’obiettivo da parte di tutti è possibile ottenere risultati degni di nota;
  • strutture, come gli impianti produttivi o i magazzini per lo stoccaggio dei prodotti, sulle quali effettuare interventi mirati per favorirne la riconversione e generare impatti positivi, da un punto di vista sia ambientale, sia economico e sociale;
  • strumenti, intesi come tutto ciò che l’azienda ha già a disposizione internamente e che in ottica di sostenibilità. Rientrano in questa categoria anche i processi, tra i quali per esempio l’approvvigionamento, la produzione e l’order-to-cash;
  • modelli di interazione, ossia le modalità con cui gli asset sono utilizzati e connessi tra di loro. Considerando ad esempio la distribuzione, possono rappresentare un primo passo la razionalizzazione delle consegne o la possibilità di avvalersi di fornitori logistici dotati di mezzi a basso impatto ambientale per la distribuzione primaria e secondaria.

Nuovi asset

È necessario rivolgere la propria attenzione anche a nuovi asset sui quali far leva per delineare un processo efficace di consolidamento della sostenibilità aziendale più ampio e profondo possibile. Tra questi possono essere annoverati:

  • nuove leve di business da integrare, che rappresentano un elemento chiave per perseguire la regola del Maggiore-uguale. Ad esempio, investire nel settore delle energie rinnovabili può, nella maggior parte dei casi, generare impatti positivi esternamente e internamente all’azienda, sia in termini di minor impatto ambientale, sia in termini di profitto, attraverso la valorizzazione dell’energia prodotta;
  • nuove strutture, progettate e costruite con orientamento alla massimizzazione della sostenibilità (es. facilities ecosostenibili) o integrate nel modello di business (es. hub e piattaforme di distribuzione centralizzate o near-shoring delle basi di fornitura);
  • nuove figure professionali, in alcuni casi necessarie per rafforzare il proprio organico, sia in termini di competenze, sia in termini di presidio delle attività. Non a caso molte aziende stanno inserendo nei propri organigrammi la figura del Sustainability Manager;
  • azioni di compensazione, che includono, oltre al cosiddetto carbon offsetting – ovvero una qualsiasi attività volta a compensare l’emissione di anidride carbonica (CO2) o di altri gas a effetto serra (misurata in anidride carbonica equivalente, CO2e) attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 altrove (si veda Selin N.E., “Carbon Offset”, 2011, Encyclopaedia Britannica) – il concetto più ampio di contribuzione climatica. La contribuzione climatica, definita in base alle linee guida della Net Zero Initiative, include tutti gli impatti ambientali e sociali positivi, coerenti con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (es. benefici per la salute, protezione della biodiversità, uguaglianza di genere, sviluppo economico). Pertanto, le azioni di compensazione a cui si fa riferimento in questa sezione vanno dagli investimenti in energie rinnovabili, alla creazione di aree verdi e spazi comuni, al miglioramento delle condizioni lavorative;
  • comunicazione, interna ed esterna, che deve essere mirata, da un lato, a promuovere le iniziative già intraprese e a favorire l’ingaggio di tutti gli stakeholder, dall’altro ad aumentare la propria capacità di attrarre proposte e stimolare l’interesse di attori difficilmente raggiungibili diversamente.

Obiettivi chiaramente definiti

Come anticipato nella descrizione della rete delle reti, la definizione di obiettivi chiari e condivisi tra tutti gli attori coinvolti è fondamentale, sia per procedere nella stessa direzione, sia per assicurare che eventuali ulteriori azioni intermedie convergano verso lo stesso traguardo, aiutando a delineare un percorso da seguire, che sia sufficientemente dinamico per adattarsi alle diverse esigenze di un mondo altamente imprevedibile e complesso.

Il maggiore-uguale nella supply chain farmaceutica

 L’esclusivo approccio in cinque pilastri, guidato dalla regola del Maggiore-uguale, risulta ancora più significativo in una supply chain farmaceutica, tipicamente molto complessa, caratterizzata da:

  1. un processo produttivo molto articolato, spesso stratificato in 4-5 livelli di fornitura dalle materie prime al prodotto finito;
  2. una gestione su scala globale (con prodotti spesso forniti da un numero molto ridotto di stabilimenti produttivi per approvvigionare tutti i mercati del mondo);
  3. un numero solitamente limitato di fornitori (soprattutto per semilavorati e prodotti finiti);
  4. forti barriere al cambiamento per vincoli di capacità /compliance e costi di trasferimento (validazioni, technology transfer, ecc.).

Sebbene una supply chain “complessa” non implichi necessariamente una supply chain critica in termini di sostenibilità, una struttura complessa della filiera richiede un maggiore sforzo per tenere sotto controllo gli elementi impattanti (es. facilities, fornitori, materie prime e materiali di confezionamento, ecc.) sia a livello di singola entità, sia in termini di interconnessione e interdipendenze (es. trasporti, imballaggi, flusso dati).

In tale contesto le sfide principali del percorso verso una supply chain sempre più sostenibile sono:

  • considerare la sostenibilità come linea guida primaria per l’azienda, sin dal design del prodotto, nella scelta dei materiali, nella selezione dei fornitori, nel disegno e nelle logiche del footprint produttivo e distributivo, con particolare attenzione agli elementi altamente critici in termini di sostenibilità ambientale, come ad esempio la gestione della distribuzione in cold chain;
  • superare, coerentemente con l’approccio del Maggiore-uguale, il concetto che la sostenibilità sia un costo, rivedendo i modelli di business e sfruttando quest’ultima come leva di efficienza: un modello più sostenibile è, in molti casi, più lean e meno costoso;
  • diffondere la consapevolezza del valore della sostenibilità tra tutti gli attori della supply chain, concentrandosi particolarmente sui fornitori di paesi in via di sviluppo o del Far-East, con i quali collaborare per costruire una forte sensibilità su tematiche di Zero Carbon footprint e di responsabilità sociale, anche laddove gli enti governativi pongano ancora ridotta attenzione alla sostenibilità.
  • A fronte di ciò è necessario creare dei meccanismi di monitoraggio dei propri fornitori o in maniera diretta, coinvolgendo nello sviluppo di una supply chain sostenibile anche i subfornitori o, in maniera indiretta, sensibilizzando i fornitori diretti affinché rendano sostenibile la propria filiera e valutandone l’esclusione in caso contrario.
  • In tale contesto la funzione Acquisti rappresenta lo snodo fondamentale tra l’azienda e l’ambiente esterno: è necessario per questo motivo integrare i driver di sostenibilità nei modelli di valutazione per la selezione dei fornitori, alla pari di elementi costo o della garanzia sulla qualità del prodotto;
  • rivedere con i clienti interni ed esterni il livello e le modalità di servizio in ottica sostenibilità e traghettarli, quanto più possibile, verso un modello sostenibile: il concetto del poco alla volta, con consegna tassativa in 12 ore, potrebbe adattarsi con difficoltà al concetto di sostenibilità;
  • disporre di strumenti puntuali per la misurazione delle performance della sostenibilità (es. ambientale, sociale, ecc.) e di un sistema di Kpi definito e monitorato giorno per giorno che, come qualsiasi KPI di business, supporti la definizione di scelte aziendali tattiche e strategiche.
  • Considerato il livello di complessità della supply chain nel settore farmaceutico, è auspicabile che ogni attore intraprenda al più presto questo percorso, che non sarà lo stesso per tutti ma che porrà sfide diverse e richiederà iniziative differenziate ai vari player della filiera.
  • Pertanto è fondamentale disporre già nelle fasi di avvio di un quadro puntuale delle condizioni di partenza, di un approccio strutturato e di un piano di azione appropriato, declinato sui cinque pilastri della sostenibilità, al fine di permettere di raggiungere il risultato del Maggiore-uguale

Che cos’è la sostenibilità

La definizione più comune nell’ambito della sostenibilità è quella contenuta nel Rapporto della Commissione delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo pubblicato nel 1987. Lo sviluppo sostenibile soddisfa le necessità delle generazioni attuali, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare le loro esigenze. La commissione era presieduta dalla politica norvegese Gro Harlem Brundtland e ha svolto i suoi lavori dal 1983 al 1987, avviando un processo di analisi critica sugli effetti dell’azione umana sull’ambiente. Alla conclusione dei lavori, la commissione ha pubblicato il cosiddetto Rapporto Brundtland, dal titolo significativo: “Our common future”, il futuro di tutti noi. Proprio grazie ai contenuti del Rapporto Brundtland si arriva nel 1992 alla Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro, il primo dei grandi incontri internazionali sullo stato del pianeta e sul suo futuro.

In un’analisi di sostenibilità, gli impatti ambientali e sociali delle attività umane pesano quanto quelli economici. L’analisi socio- economico-ambientale non si candida però a sostituire la tradizionale analisi economica per porre un freno allo sviluppo. Al contrario, gli elementi socio-ambientali sono orientati a garantire durabilità e affidabilità dei risultati del progresso umano, supportando in ultima istanza la persistenza del vantaggio economico e la generazione di valore a lungo termine. La chiave per il raggiungimento della sostenibilità non è dunque nel rallentamento delle attività economiche ma nel loro indirizzamento verso il triplice vantaggio sociale, economico e ambientale senza che nessuno dei tre elementi si dimostri più fragile né metta a rischio la solidità degli altri. Per questo motivo, è necessario che gli schemi economici e industriali siano intrinsecamente sostenibili.

Una definizione di “sviluppo sostenibile” che fornisce elementi misurabili e concreti, quindi capaci di orientare le scelte e le attività umane è:

  • lo sviluppo sostenibile non consuma risorse, le usa e le riusa illimitatamente;
  • il consumo di risorse naturali limitate e non rigenerabili è infatti l’essenza dell’insostenibilità;
  • il concetto di “cicli chiusi delle risorse”, oggi rappresentato dall’economia circolare, è la chiave per uno sviluppo che non comprometta ulteriore sviluppo, proprio come enunciato dalla definizione del Rapporto Brundtland.

Il percorso verso la sostenibilità

Plane the journey

  • Mappare la supply chain, identificando i “sustainability point” ossia tutti i processi, gli asset e le strutture collegati a tutti gli aspetti di sostenibilità ed ESG a 360 gradi, misurandone il relativo impatto.
  • Analizzare il contesto di business e il “sustainability environment” in cui l’azienda opera, valutando l’accessibilità alla “rete delle reti”.
  • Definire la propria vision e le proprie ambizioni di azienda sostenibile e definire i propri “core value”
  • Declinare la vision aziendale in obiettivi concreti, assegnando a ognuno una priorità sulla base della significatività dell’impatto ESG e della strategicità e rischio per l’azienda, massimizzandone il valore complessivo (rispettando la regola del Maggiore-uguale).

Trace the route

  • Definire il proprio piano di azione e le priorità internamente ed esternamente all’organizzazione, coinvolgendo gli attori della supply chain, con misure che vadano oltre i fornitori diretti, e gli stakeholder del contesto allargato (governance pubbliche, rete delle reti).
  • Implementare iniziative pilota mirate, al fine di “avviare” all’interno dell’azienda il sistema di sostenibilità.
  • Costruire con i fornitori l’ecosistema della sostenibilità, attraverso un codice di condotta e obiettivi comuni, che venga poi trasmesso ai fornitori indiretti e a tutti i livelli della supply chain.

Get to destination (Make it real)

  • Implementare il sistema sostenibilità a 360 gradi, volgendo processi e infrastrutture interne al concetto di sostenibilità come driver primario di business (alla pari di costo e livello di servizio) e creando team cross-funzionali a sostegno della linea strategica aziendale.
  • Ridisegnare le reti di approvvigionamento (semplificazione, near-shoring, frequenza di approvvigionamento) e il processo di selezione dei fornitori, da cost driven a cost-sustainability driven.
  • Implementare programmi di sostenibilità con tutti gli attori della supply chain, coinvolgendo i fornitori di secondo e terzo livello, con accesso diretto (es. survey) o indiretto (attraverso un codice di condotta).

Creare un sistema solido e dinamico di monitoraggio e reporting della performance di sostenibilità che permetta di consolidare e reindirizzare in maniera efficace le decisioni strategiche.

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